A febbraio 2024 l’associazione ambientalista Center for Climate Integrity (CCI) ha pubblicato un report che smentisce la buona riuscita dello smaltimento plastica e mette in guardia chi sta puntando tutto sull’economia circolare.
Il riciclo PET e quello dell’HDPE sono considerati gli unici in grado di generare prodotti di qualità dagli scarti mentre, per tutto il resto, il documento è molto negativo.
Anche se il dossier analizza il mercato degli Stati Uniti (completamente diverso da quello italiano per numeri e principi di funzionamento) e non è super partes poiché il CCI è da sempre attivo nella lotta alle aziende petrolifere e alle gas company, è interessante comprendere quali sono i suoi punti di vista.
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Smaltimento plastica, un report ne mette in dubbio l’efficacia
“L’inquinamento plastico è uno dei problemi ambientali più seri che il pianeta si trova ad affrontare oggi, tra il 1950 e il 2015 più del 90% di questo materiale è stato sotterrato in discariche, incenerito o disperso nell’ambiente”.
Con questi dati inizia il report sul riciclo PET e smaltimento plastica del Center for Climate Integrity che poche settimane fa ha scosso il mondo intero.
Intitolato The Fraud of Plastic Recycling (la frode sul riciclo della plastica), accusa le più grandi multinazionali di aver diffuso per anni dati erronei sulla seconda vita dei polimeri sintetici, incentivando la produzione di un materiale che sta portando il pianeta al collasso ambientale.
Secondo l’associazione, la crisi dei rifiuti plastici di oggi è dovuta alle notizie fuorvianti diffuse da grandi compagnie petrolifere. Queste avrebbero sostenuto per anni che gli imballaggi possano tornare a nuova vita, nonostante sapessero che il riciclo PET non è sostenibile, né dal punto di vista economico né da quello tecnico.
Nel testo si legge come “le campagne promosse da queste aziende e le attività delle lobby avrebbero portato a un incremento esponenziale della produzione plastica, aggirando normative e legislazioni che avrebbero potuto impedire lo sviluppo dell’inquinamento ambientale”.
Riciclo PET, si può fare davvero?
La risposta è sì, anche se si dimostra l’unico materiale plastico, insieme all’HDPE, a creare oggetti di buona qualità in seconda vita. Il limite, però, è che ogni volta che viene riciclato perde un po’ delle sue proprietà, diventando ben lontano dalla materia vergine. Tutte le altre tipologie di plastica, secondo il CCI, non sono all’altezza dell’economia circolare.
Il report prende in esame un studio americano dell’EPA del 1991 in cui si affermava che molti tipi di plastica riciclata non potessero essere reimmessi nel ciclo produttivo poiché non avevano mercato.
Nonostante siano passati più di 30 anni, il CCI dice che questa frase è quanto mai attuale. Dei materiali difficili da inserire in un piano di smaltimento plastica ci sono anche gli accoppiati e i packaging multi-materiale. A ostacolare il riciclo ci si mettono infine i polimeri contenuti nella formulazione della plastica e diverse tipologie di additivi.
Un po’ di numeri sullo smaltimento plastica
Se negli USA nel 2021 il tasso di riciclo plastico è stato solamente del 6%, l’Italia se la cava meglio. Secondo l’Ispra nel 2023 sono stati differenziati il 65% dei rifiuti urbani totali, mentre nel 2022 l’industria italiana della trasformazione della plastica ha utilizzato circa 1,327 milioni di tonnellate di polimeri riciclati per produrre nuovi oggetti.
Una quota che si attesta sulla percentuale del 22,1% rispetto al 2020. Tra tutta la plastica che si utilizza in Italia, dunque, il 35% proviene dal riciclo.
Basta? Sicuramente no, poiché per tanta nuova plastica prodotta, altrettanta viene ancora dispersa nell’ambiente con conseguenze disastrose. In più, secondo il CCI, le aziende del settore petrolchimico continuano ad aumentare la produzione nonostante siano a conoscenza dei limiti dello smaltimento plastico.
Economia circolare, le conclusioni del CCI
Al termine del report, il CCI accusa apertamente le industrie di aver contribuito alla campagna di inganno sulla plastica, impedendo di attuare azioni più risolutive nel corso degli ultimi decenni. Ridurre i rifiuti, riutilizzare gli oggetti e ricercare materiali alternativi sono infatti le chiavi per contrastare una tra le più grandi cause di inquinamento.
La conclusione è un incitamento verso comuni, governi e cittadini, per intraprendere azioni legali collettive e mettere fine al monopolio plastico, facendo pagare i responsabili per i danni causati all’ambiente e alle comunità.
Funzionerà? Staremo a vedere nel frattempo ognuno, nel suo piccolo, può dare una mano per dire basta alla plastica. Installando un purificatore domestico e riempiendo sempre la borraccia per bere fuori casa, oppure promuovendo la formazione e diffondendo consigli pratici green, come fa l’associazione di promozione sociale Liberi dalla Plastica.