Bere acqua pulita è una priorità da centinaia di anni. Dapprima per semplici intuizioni empiriche, più tardi grazie a evidenze scientifiche e al lavoro di chimici e scienziati.
Scopriamo quando è stato inventato il depuratore per rendere l’acqua potabile, fino ad arrivare ai contemporanei dispositivi a osmosi inversa.
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Quando è stato inventato il depuratore acqua
L’acqua è un bene prezioso fin dall’antichità, impiegato per bere, cucinare e l’igiene personale. Tutte le più grandi civiltà sono infatti sorte nei pressi dei fiumi: grandi bacini da cui attingere acqua pulita in quantità.
Fin dai tempi più remoti l’acqua limpida è stata considerata buona per la salute, mentre quella paludosa e stagnante sintomo di malattie e pestilenze.
Per questo, se ci si chiede quando è stato inventato il depuratore, è impossibile non citare i primi rudimentali tentativi di purificare l’acqua potabile.
Si era soliti infatti bollire l’acqua in un calderone per poi immergervi un pezzo di rame, ripetendo l’operazione fino a sette volte di seguito.
A questo punto non restava che filtrare il liquido e berlo, conservandolo in brocche d’argento per mantenerne intatta la purezza.
Chi ha inventato il depuratore acqua?
I rudimentali metodi di sterilizzazione appena citati sono stati utilizzati fino alla fine del 1600. Successivamente l’avvento del microscopio ha permesso di individuare i microrganismi, spesso portatori di patologie, che si annidavano tra le gocce dell’acqua.
Così, nel 1685, il fisico e matematico italiano Lucantonio Porzio mise a punto un primo filtro basato su un’unità di sedimentazione e una di filtraggio con la sabbia.
Ma è solo nel 1746 che, secondo i dati del Museo del Rubinetto, fu presentato il primo brevetto di un depuratore, utilizzato sei anni dopo anche in ambito domestico.
La vera svolta arrivò a metà dell’800 a causa di una terribile epidemia di colera che rese fondamentale la purificazione dell’acqua potabile, dove si annidavano i batteri responsabili della patologia. A inizio ‘900 entrarono finalmente a regime i primi depuratori industriali.
Acqua potabile: come viene depurata?
Da quando è stato inventato il depuratore, prima di sgorgare dal rubinetto delle abitazioni, l’acqua potabile subisce diverse fasi.
Questo perché contiene sostanze che entrano a far parte della sua struttura durante il viaggio dalle fonti e dalle falde acquifere fino agli acquedotti comunali.
Quella che penetra nel terreno, per esempio, è ricca di minerali disciolti e può contenere microorganismi e tracce di materia organica.
All’interno degli impianti di depurazione si svolgono due passaggi differenti per rendere l’acqua potabile: il primo è meccanico e separa le sostanze di diversa consistenza. Il secondo, biologico, utilizza batteri che eliminano le sostanze organiche.
Ci sono anche dei metodi chimici impiegati in caso di contaminazioni con elementi potenzialmente dannosi per la salute delle persone.
Nella prima fase una griglia blocca il passaggio di eventuali detriti, soggetti poi a dissabbiatura per eliminare polvere, eventuali ghiaie e sabbia, per poi passare alla disoleatura, che toglie oli e grassi.
Come è fatto un depuratore domestico a osmosi inversa
Le acque comunali sono soggette a molti controlli durante il loro percorso dall’acquedotto fino alle abitazioni private. Ciò nonostante la condizione di usura degli impianti domestici può contaminare l’acqua potabile con eventuali sostanze indesiderate.
Ecco perché, da quando è stato inventato il depuratore, sempre più italiani lo installano a casa per godere di acqua leggera e salutare direttamente dal rubinetto.
Il purificatore domestico a osmosi inversa è costituito da membrane che, filtrando più volte l’acqua con differenti pressioni, riducono eventuali sostanze indesiderate e restituiscono un liquido puro.
La totale assenza di composti chimici e l’efficacia nel bloccare la quasi totalità delle sostanze organiche, ha reso i depuratori domestici a osmosi inversa i più richiesti in ambito alimentare.
Con questi passaggi si ottiene infatti acqua potabile di qualità con un basso parametro di residuo fisso.